La Legge di Bilancio sta per istituire un fondo per l’AI (intelligenza artificiale) presso il Ministero dello Sviluppo Economico. Una buona occasione per i soggetti del Terzo settore per elaborare strategie e far pesare la propria voce in un ambito strategico per salute, welfare, istruzione.
L’Intelligenza Artificiale è già qui. Senza un piano coordinato, lo scacco è pressoché certo.
L’Italia è rimasta indietro per troppo tempo. Ma ora tenta di recuperare. In Finanziaria, infatti, è previsto un fondo che dovrebbe essere costituito presso il Ministero dello Sviluppo Economico .Un fondo per “interventi in nuove tecnologie e applicazioni di intelligenza artificiale”, con risorse pari a 15 milioni l’anno, per il triennio 2019-2021. L’obiettivo è finanziarie progetti di ricerca e innovazione da realizzare in Italia da opera di soggetti pubblici e privati.
Il tema non dovrebbe lasciare indifferente il terzo settore avanzato e operatori della sussidiarietà. L’Intelligenza Artificiale, infatti, è il campo primario dove si presenteranno le nuove sfide per un welfare che voglia essere sempre più inclusivo.
Storicamente il Terzo settore è nato per assolvere una funzione eminentemente sociale: per alzare il tasso di giustizia sociale. Oggi però questa impostazione diventa riduttiva e rischiosa. Il suo ruolo da oggi in poi è molto più sottile e importante. Il Terzo settore ha oggi il compito storico di preparare la digitalizzazione della società, utilizzare l’intelligenza artificiale di terza generazione come forza di bene e arrivare a una Convenzione Internazionale di Ginevra sul Digitale. Così Stefano Zamagni (economista, ex presidente dell’Agenzia per il terzo settore), lancia l’appello agli ETS .
L’opinione – Il Terzo settore è un po’ in ritardo sulla tabella di marcia. E’ in atto la quarta rivoluzione industriale nota come rivoluzione delle tecnologie convergenti. Cosa vuol dire tecnologie convergenti? Vuol dire che la novità di questa fase storica è portare a convergenza i diversi tronconi che già nella stagione della terza rivoluzione industriale — iniziata negli anni ’70 — si erano affermati. Si tratta del gruppo Nbic (Nanotecnologie, Biotecnologie, Intelligenza Artificiale, Scienze Cognitive). È qui che il Terzo settore deve entrare in campo. Come? Ecco gli ambiti che mi paiono prioritari. E’ sempre Stefano Zamagli a rispondere ad alcuni quesiti.
Il primo è quello di adoperarsi per preparare la digitalizzazione della società. La digitalizzazione ha a che fare con i rapporti umani, con le relazioni intrafamiliari, per esempio. I migranti digitali hanno difficoltà a dialogare con i nativi digitali. Un compito che il Terzo settore deve saper assolvere è quello di aiutare il processo di digitalizzazione della società, operando in modo da evitare che si crei una nuova forma di discriminazione tra una élite altamente professionalizzata e la grande massa di persone alla quale insegniamo solo a battere i tasti di un computer.
Un secondo compito non meno importante è quello di utilizzare l’intelligenza artificiale di terza generazione come forza di bene. L’intelligenza artificiale come ogni novità nelle tecnoscienze può essere usata per il bene o per il male. Penso al contributo che il Terzo settore può dare per mitigare o curare la sindrome teleopatica. È questa la sindrome che colpisce coloro i quali nel proprio agire perseguono un solo e unico obiettivo alla volta. Bisogna che il Terzo settore si attrezzi per combattere questa incapacità di inquadrare i bisogni nella loro globalità.
Secondo l’economista sociale , un terzo punto è quello di tenere alta la guardia sulle dinamiche, già in atto, di una ristatalizzazione del Terzo settore. Un recente pronunciamento del Consiglio di Stato nel luglio scorso di fatto ha stabilito che poiché il Terzo settore svolge attività di natura economica allora è necessario che anch’esso sia sottoposto al regime dei bandi. Cosa dovrebbe fare allora il Terzo settore? Battersi affinché, così come già avviene per l’ambito sanitario, anche per quello sociale venga accantonato il regime dell’affidamento che postula le gare d’appalto, per lasciare spazio al sistema dell’accreditamento. Il Terzo settore deve potersi liberare dei vincoli, asfissianti, che non gli hanno consentito di affermare la propria identità e di realizzare la propria missione profetica.
Da ultimo, non si può non fare parola del decisivo ruolo che gli Ets devono iniziare a svolgere per arrivare, in tempi rapidi, ad una Convenzione Internazionale di Ginevra sul Digitale. Nel luglio scorso, la Camera dei Lord inglese ha approvato unanime una “Magna Charta” per le tecnologie. Penso alla regola “human in command” che deve essere accolta dalla Convenzione; al divieto assoluto di produrre “robot-killer”; al diritto della società civile e delle sue organizzazioni di conoscere la matrice etica che sta alla base degli algoritmi che fanno funzionare le “nuove macchine”. Le ragioni della libertà e della democrazia non possono essere sacrificate sull’altare di una supposta efficienza algoritmica.
fonte: Vita.it